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C’erano una volta i condottieri: da Conte a Mancini, quando i ricordi s’arrendono al presente.

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2 Maggio 2015, 14 Novembre 2014.

Cos’hanno in comune queste due date? Apparentemente nulla, ma a ben guardare sono i giorni che tracciano un solco profondissimo nei cuori dei tifosi juventini e di quelli interisti, oltre che nelle carriere di Antonio Conte e Roberto Mancini (e perché no, di Max Allegri).

juveIl 2 Maggio 2015 il tecnico di Livorno conquista il quarto scudetto consecutivo per la Juventus, il secondo personale, dopo che al suo arrivo era stato accolto tra insulti e scetticismo. Troppo vivo e marcato nelle menti bianconere il triennio targato Antonio Conte, il condottiero leccese capace di riportare la vecchia signora ai fasti di un tempo vincendo tre titoli consecutivi.

Allegri ha saputo aspettare, lavorando in silenzio e con dedizione: oggi ha già vinto Coppa Italia e Campionato, ed è pronto a giocarsi la finale di Champions contro il Barcellona il 6 Giugno, a Berlino. Più avanti di quella fantastica Juve dell’ex capitano diventato leader in panchina, più lontano di qualsiasi aspettativa d’inizio stagione, dove dubbi e perplessità la facevano da padrone.

conteallegri-batte-il-doppio-mancinimourinho-ma-non-e-tennisOra Allegri è il nuovo idolo della tifoseria bianconera, apprezzato per i risultati e i suoi modi eleganti, pacati. Conte è già un lontano ricordo, e anzi, i suoi ex tifosi ne hanno a più riprese criticato quel pizzico di arroganza e supponenza che ha contraddistinto la sua gestione (tanto da mollare in pieno Luglio una squadra e un progetto in pieno divenire, che senza di lui avrebbe toccato poi l’apice degli ultimi anni).

 

Roberto_ManciniRoberto Mancini è invece tornato a Milano, sponda nerazzurra, tra trionfalismi e facili entusiasmi dopo l’anno e mezzo passato a contestare e criticare Mazzarri. Il pubblico interista era stanco, di risultati altalenanti e un gioco definito dai più “troppo provinciale“. Il terzo posto, a metà Novembre, era obiettivo difficile ma non impossibile, e l’uomo dei tre scudetti consecutivi tra il 2006 e il 2008 (compreso quello assegnato nel post-calciopoli) sembrava essere la persona giusta per rilanciare sogni ed ambizioni.

Così, fino ad ora, non è stato. Il Mancio vincente, l’allenatore col ciuffo sempre in ordine e la sciarpa nerazzurra al collo, s’è dovuto arrendere a una stagione tribolata, difficile. Pochi lampi di bel gioco, parecchie indecisioni (soprattutto difensive) qualche punto perso anche immeritatamente, e ora è lì, a leccarsi le ferite realizzando che forse guidare questa squadra non era così semplice come poteva apparire dall’esterno.

Il pubblico interista vuole ancora bene a Mancio, e forse ne vorrà per sempre, ma quanto durerà questo credito illimitato di cui gode l’allenatore di Jesi? La risposta si avrà al più tardi la prossima stagione, quando potrà imbastire un lavoro dal principio con giocatori a lui congeniali, e da lui espressamente richiesti. Che porti attenzione però, ultimamente miti e condottieri vengono messi tra i ricordi, in favore del presente...

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